Attenzione: post ad alto contenuto di cazzate. Più del solito.
Se volete parlare con me, dobbiamo utilizzare lo stesso linguaggio. E il mio non è un linguaggio normale. Sì, nel senso che parlo di merda e scrivo peggio, ma questo lo sapevate già.
Comunque, chiamare gli oggetti con il loro vero nome è troppo semplice, lo fanno tutti. Io voglio distinguermi dalla massa.
Ecco a voi il dizionario “Italiano – Ilariese”.
Fruzzolo: piccolo oggetto senza uno scopo ben preciso. Per esempio un suppellettile
Papacicciolo: pustola
Cagnuflo: piccolo cane simpatico, possibilmente con i ciuffi sugli occhi
Paperine: scarpe basse e anti-sesso (dicesi anche ballerine)
Momo: gatto piccolo
Cosino: qualsiasi oggetto o parte di esso, purché sia (ovviamente) di piccole dimensioni. Può essere utilizzato per ricordare (non con piacere) le parti basse degli ex fidanzati.
Cosino musicale: il lettore mp3 o simili. A Zeus piace tanto questo nome…. se volete farlo contento, avvicinatevi piano piano a lui per poi urlare nelle sue orecchie “cosino musicale”. Apprezzerà. Parola mia.
N.B: cliccando su “cosino musicale” arriverete direttamente sul suo blog.
Circa sei o sette mesi fa mi era venuta un’idea. Volevo scrivere dei piccoli e semplici racconti che avessero come protagonisti voi blogger. Probabilmente capita anche a voi, ma io quando vi leggo, vi immagino, mi costruisco un’idea di voi e della vostra vita sulla base di ciò che scrivete. Immagino quale potrebbe essere il vostro lavoro, la città in cui vivete etc (oggi, in realtà, facebook ci aiuta molto). Ecco, volevo costruire delle storie, con voi come protagonisti, sulla base delle emozioni/delle informazioni che venivano fuori dai vostri post.
Qualche giorno fa ho pensato di “recuperare” questo progetto e oggi pubblicherò un primo racconto. Ci sono un po’ di premesse che sento il bisogno di fare. Io non ho mai scritto racconti (anzi, uno ma lo ha letto solo una persona) e non ne sono capace. Ci provo, scrivo di getto, quindi non aspettatevi niente di particolare e non lo dico per modestia, lo dico per onestà (e premere il tasto “pubblica”, mi mette un po’ di ansia eheh). Ah, tranquilli: non deciderò di scrivere un libro. Potete tirare un sospiro di sollievo.
Inoltre non ci saranno appuntamenti fissi con questa “rubrica”. Ho davvero poco tempo in questo periodo, per cui magari scriverò altri racconti in questi giorni, magari passeranno mesi tra l’uno e l’altro, magari questo è il primo e anche l’ultimo. Vedremo.
Comunque, il primo racconto in realtà non riguarda una blogger a caso, ma ha come protagonista una mia grande amica da tanti anni. Siamo un po’ distanti geograficamente ora, ma abbiamo passato dei bellissimi anni da vicine di casa ed è, senza dubbio, una delle persone più importanti della mia vita. Ovviamente, la conosco molto molto bene, quindi nel racconto non “immagino” il suo presente, ma come potrebbe essere tra qualche anno la sua vita.
Ovviamente nel racconto ci sono elementi di fantasia e altri assolutamente no… ma non dirò quali sono inventati e quali invece sono reali 🙂
Il turno è finalmente finito. Lemniar si toglie il camice e lo butta nello zaino. Facendo questo gesto, si accorge che l’agenda che quella mattina aveva cercato per tutta la casa era lì in fondo, nascosta dal cappello. Ah, il cappello. Lo cercava da tre giorni.Esce dalla clinica, prende la macchina e torna finalmente a casa. Per fortuna lui è già rincasato da più di un’ora e le ha fatto trovare la cena pronta.
Quella casa l’hanno scelta insieme e non è stato difficile. E’ piaciuta subito ad entrambi: non troppo grande, luminosa e dalla finestra della camera da letto si vede il mare. Praticamente perfetta. Neanche la scelta dell’arredamento è stata complessa, erano d’accordo quasi su tutto. Ma su una cosa proprio avevano idee differenti: la disposizione dei libri sugli scaffali. Lui sosteneva dovessero essere sistemati in base all’altezza della copertina ma, diciamolo, era proprio brutto da vedere. Vinse (e non avevo dubbi) l’idea di Lemniar: i libri dovevano essere sistemati per autore. E così è stato.
Il giorno dopo non avrebbe lavorato e si sarebbe dedicata alla messa in ordine di quella “stanza in più”, ancora piena di scatoloni da svuotare. Così, ritrova quelle tazze che aveva perso di vista dal momento del trasloco e anche quella collana con le pietre bianche e azzurre che sta così bene con quella camicia acquistata solo qualche giorno prima. Nel secondo scatolone, tra le tante cose, ritrova quella moleskine nera, che tanto le aveva fatto compagnia negli anni passati, principalmente quelli dell’università. Anni stupendi per molte ragioni, ma anche anni molto duri perché l’università era distante da casa e perché troppo spesso quel percorso è stato interrotto da problemi “esterni” che hanno rallentato il raggiungimento del traguardo finale. La moleskine nera raccoglie i suoi pensieri di quegli anni e descrivono una ragazza che ha sempre pensato più agli altri che a se stessa. Lemniar ha chiesto mille volte “come stai? hai bisogno di qualcosa?”, ma se lo è sentito dire poche volte. Lemniar è quella persona che riesce a farti ragionare quando proprio non sei nelle condizioni di farlo, per esempio quando il tuo fidanzato ti lascia per telefono. Lemniar sa anche essere dura quando serve e questo è un grande pregio.
Su quell’agenda ha annotato i momenti in cui non riusciva più a respirare in quella casa, ha messo nero su bianco quanto è stato difficile concentrarsi sui libri quando i problemi in famiglia portavano la testa da tutt’altra parte.
Rileggendo quelle pagine, seduta sul pavimento di quella “stanza in più” ancora vuota ma che fa parte dei progetti per il futuro, Lemniar si accorge che rispetto al passato è riuscita a fare qualche passo in avanti. Ora, pur essendo ancora una ragazza generosa e altruista, ritaglia molto più tempo per se stessa e ha smesso di mettere sempre al primo posto le esigenze degli altri. Questo cambiamento è stato tutt’altro che semplice, ma necessario per poter affrontare con più serenità il suo futuro.
Ora, a conferma di quel cambiamento importante, Lemniar ripone quella moleskina nello scatolone, che sistema nel ripiano più alto dell’armadio. Smette di riordinare e si prende un’oretta per sé. Indossa la tuta, sistema le cuffie nelle orecchie, accende la musica e va a correre laggiù vicino al porto antico della sua città vecchia, “nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, ha già troppi impegni per scaldar la gente d’altri paraggi”.
Open mind for a different view and nothing else matters
A Roma si dice che "chi è fallito nella vita fa cinema e chi è fallito nel cinema fa produzione"...e chi è fallito nella produzione?Beh,scrive questo blog!
Se non puoi essere bella, sii brava. Se non puoi essere brava, sii bella. Ma se puoi essere bella e brava, sii entrambe le cose. Perchè la bellezza sta nella cura della persona e la bravura nella sua volontà. M.R