I wish I was special.

Va tutto bene. Manca un mese ad un traguardo importante. Sono soddisfatta del mio lavoro. Ho, finalmente, un po’ di tempo per leggere qualcosa di diverso dall’oncologia. La mia “compagna” emicrania non mi perseguita come prima. I miei genitori sembrano andare d’accordo. La mia nonnina ha finalmente capito che tenere la tv a tutto volume alle due notte non è carino nei confronti dei vicini. A breve avrò una macchinina tutta per me. Ho imparato (quasi) a fare il Fa diesis con la chitarra.

Va tutto bene. L’importante è non fermarsi a pensare. Perché se mi fermo e mi guardo dentro, trovo pochi motivi per essere felice. In questi mesi mi sono costruita una maschera per poter andare avanti, per poter concludere il mio percorso con meno intoppi possibili. E fino ad ora, questa farsa è servita a qualcosa. Ma ora è quasi tutto concluso e ci sono decisioni importanti da prendere. Il fatto è che io non ho ancora metabolizzato niente di quello che mi è successo ormai mesi fa. Ci sono momenti in cui mi sembra di non averle mai sentite quelle parole, per telefono..quando ti ho chiamato per chiederti a che ora potevamo vederci il giorno successivo e tu mi hai detto che era finita. Mi sono serviti tre mesi per trovare il coraggio di togliermi il tuo anello. E ancora adesso, quando mi guardo la mano, mi sembra strano non vederlo lì.

Tra un mese è il nostro anniversario.

Vaffanculo.

 

Non starai mica piangendo? No, mi è entrata una bruschetta nell’occhio.

Ieri sera ho scritto i ringraziamenti da inserire nella mia tesi. E’ stato strano. E’ stato emozionante perché ho ripercorso questi anni, ho pensato a tutte le persone che ho incontrato, a tutti coloro che mi hanno insegnato qualcosa, a tutti coloro che mi hanno fatto girare le balle. Li avevo immaginati diversi, i miei ringraziamenti. Fino a qualche tempo fa, sarebbero stati diversi. Li ho scritti, cancellati, ri-scritti, ri-cancellati almeno dieci volte. Alla fine non sono niente di spettacolare. Ho inserito anche chi, forse, non se lo merita così tanto. Ma tanto io sono così e non ci posso fare niente, ci sbatterò la testa ancora, ancora e ancora. Ci sbatterò la testa fino a quando capirò di essermi fatta male a sufficienza.

Comunque, questi sono i miei ringraziamenti. Se sono brutti ditemelo, perché ho ancora un giorno di tempo per modificarli prima della stampa eheh 🙂

Non è facile ringraziare, in poche righe, tutti coloro che mi hanno aiutata nel raggiungimento di questo traguardo: chi con una presenza costante e essenziale, chi con un supporto morale o materiale, chi con un semplice consiglio o una parola di incoraggiamento nei momenti più difficili.

Vorrei ringraziare il Prof.Buracco, la Dott.ssa Martano e la Dott.ssa Morello per avermi dato l’opportunità di essere una loro tesista e per i preziosi insegnamenti ricevuti in questi anni.

Un ringraziamento particolare va alla mia Relatrice, la Dott.ssa Marina Martano, per avermi supportata durante tutto il periodo di stesura della tesi. La ringrazio perché, nonostante i suoi tanti impegni, ha sempre trovato il tempo per aiutarmi e consigliarmi e ha dimostrato disponibilità e pazienza infinite. E’ davvero raro incontrare persone con la sua gentilezza, competenza e umiltà.

Ringrazio la Dott.ssa Laura Tomassone per il suo fondamentale aiuto nella realizzazione dell’analisi statistica contenuta in questa tesi.

Un grazie va alla Dott.ssa Francesca Gattino per avermi aiutata nella raccolta dei dati e per essersi dimostrata, in ogni occasione, una persona disponibile e gentile.

Un grazie speciale va ai miei genitori che mi hanno costantemente sostenuta e  che, con il loro fondamentale sostegno morale e economico, hanno reso realtà quello che è sempre stato il mio più grande sogno.  Ringrazio anche i mie pelosi: Mia, che se ne è andata all’inizio del mio percorso universitario ma che mi è rimasta nel cuore, e Oscar, che si è “volontariamente” offerto per farmi da cavia per la preparazione di molti esami (ed è sempre stato ricompensato).

Vorrei ringraziare le mie grandi amiche Emanuela, Nicoletta e Simona per esserci sempre state e per avermi dato la forza di superare i momenti più difficili. Le ringrazio per avermi ospitata a casa loro, per aver sopportato i miei sbalzi d’umore e per le loro innumerevoli “iniezioni di fiducia”. Con loro ho vissuto momenti indimenticabili e sono sicura che, nonostante la distanza, la nostra amicizia continuerà. Infine, ringrazio Andrea per quello che ha rappresentato per me in questi anni, nonostante tutto.

Grazie a tutti.

 

“Da bambino volevo guarire i ciliegi

quando rossi di frutti li credevo feriti

la salute per me li aveva lasciati

coi fiori di neve che avevan perduti.

Un sogno, fu un sogno ma non durò poco

per questo giurai che avrei fatto il dottore

e non per un dio e nemmeno per gioco:

perché i ciliegi tornassero in fiore”

Fabrizio De André

P.s. Se tutto va bene (incrociamo le dita, tocchiamo ferro, tocchiamo un po’ qualsiasi cosa) dall’inizio della prossima settimana la mia più grande preoccupazione sarà il vestito per la laurea. E non è una preoccupazione da poco, perché io per quel giorno ho due obiettivi: il primo è prendere il voto più alto di tutti (sono un po’ competitiva, me ne rendo conto), il secondo è essere la più gnocca. Dato che ormai non posso più lavorare sul voto perché la media è definitiva (e comunque non è mica bassa eh..ok, oggi non sono modesta), devo almeno essere sicura di raggiungere il secondo obiettivo. Quindi dalla prossima settimana, posterò soltanto foto di vestiti e scarpe, siete avvisati.

Non è come sembra.

Questo post è stato scritto su suggerimento di  Zeusstamina, detto Gioventus (da me), quindi se non vi piace siete pregati di mandare una lettera di insulti al seguente indirizzo: Via Amici di Pollon, Olimpo. Oppure potete chiamare alle due di notte al seguente numero 123456789. Invece, se il post è di vostro gradimento, siete pregati di inviare a quel brav’uomo di Zeus un cesto di tofu.

 

Vorrei parlarvi delle maledettissime donne perfette dei film. Quelle donne che sono stupendissime in ogni situazione, anche quando è umanamente impossibile essere dei fiorellini.

Loro si svegliano grazie a quel magico raggio di sole che si infila attraverso le persiane e va ad illuminare, con precisione chirurgica, l’occhio sinistro. Hanno le coperte ancora sistemate alla perfezione, i capelli setosi e in ordine, la pelle luminosa e perfettamente truccata e il sorriso sulle labbra. Noi ci svegliamo mezz’ora prima del previsto a causa delle bestemmie del vicino che è andato in bagno con la luce spenta e ha colpito l’angolo della cassettiera con il mignolo. Scendiamo dal letto e pestiamo  il telecomando che la sera prima, per pigrizia, non avevamo appoggiato sul comodino e andiamo in bagno. Lì ci accorgiamo che quello struccante pagato a peso d’oro non funziona perché il mascara è li’, sotto gli occhi, e per farlo andare via bisogna usare Dash smacchiatore. I capelli sono un blocco di cemento perché la sera prima avevamo utilizzato una damigiana di lacca e la nutella si è trasformata in brufolo.

Loro fanno i lavori di casa con la camicia bianca, ma non si sporcano. Noi ci mettiamo quella tuta che usavamo in terza media per fare ginnastica ed è proprio un peccato buttarla via perché è tanto comoda e se le maniche ci arrivano al gomito pazienza. Apriamo il mobiletto dei detersivi e prendiamo il prodotto per lavare i vetri. Ma l’ultima volta che avevamo fatto le pulizie non avevamo chiuso bene il tappo, quindi ci rimane in mano lo spruzzino e il liquido si rovescia sul tappeto.

Nei film, quel ragazzo carino e anche intelligente, suona il campanello all’ora di cena e si presenta, a sorpresa, con delle rose profumatissime e una bottiglia di Champagne. Lei ha, per caso, già apparecchiato per due e la casa è perfettamente in ordine. Ed è perfetta e sta indossando il completino intimo migliore. Noi, siamo sul divano in pigiama, quando sentiamo il campanello. E’ quel ragazzo non tanto carino e neanche troppo intelligente che si è presentato con un garofano secco e il tavernello. Noi non abbiamo niente da offrirgli perché abbiamo finito tardi al lavoro e non abbiamo avuto tempo di fare la spesa. E non ci siamo depilate. E abbiamo anche il ciclo.

Loro, dopo il chupa-dance, sono perfettamente in ordine e non sono sudate. I vestiti di lui sono tutti dalla parte dove è coricata lei. I vestiti di lei sono tutti dalla parte dove è coricato lui. Basta scambiarsi il posto e ci si può rivestire senza difficoltà. Noi, dopo il chupa-dance, sentiamo l’acido lattico che si sta accumulando nelle gambe e quando tentiamo di rivestirci, ci rendiamo conto che i jeans che stiamo cercando di indossare sono quelli di lui. E, cosa gravissima, ci vanno! Anzi, ci stringono anche un po’ sulle cosce, quindi decidiamo immediatamente di farli sparire. Nel frattempo lui sta cercando di capire qual è il verso giusto della felpa.

 

Loro inseguono i taxi correndo sui tacchi e non inciampano mai. Noi ci mettiamo una volta al mese quelle decolté tacco 12 che ci piacciono tanto, ma ci fanno venire le piaghe, quindi ci portiamo nella borsa le scarpe basse di riserva.

 

Noi non siamo come Loro. Noi non riusciamo ad essere sempre perfette come Loro. Noi lavoriamo, ci occupiamo della casa, dei figli e di quell’amorevole ameba che ci siamo scelte come compagno. E ogni tanto riusciamo anche a ritagliarci uno spazio per noi. A pensarci bene, forse siamo noi le eroine e non Loro.

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Si salva solo lei.

 

 

 

Lo stress.

Lo stress pre-laurea è:

– uscire di casa senza accorgersi di avere le sopracciglia di Peo Pericoli;

– prendere il treno, scendere per prendere la coincidenza, risalire sul treno da cui sei appena scesa e tornare al punto di partenza;

– timbrare sul pullman il biglietto del treno;

– mettersi l’ombretto al posto del burro cacao;

– mettere l’astuccio in frigo e il parmigiano sulla scrivania;

– svegliarsi di notte con in mente un’idea brillante per la tesi, scriverla e rendersi conto al mattino che è una cagata pazzesca;

– augurare, ogni dieci minuti, lo squaraus a tutti i componenti della segreteria dell’università.

– fare 2000 errori ortografici nel scrivere questo post ma non avere voglia di rileggerlo perché devi controllare per l’ennesima volta la tesi.

Peo

Ilaria 

 

Dedica speciale.

A te che questa notte mi hai mandato 35 (TRENTACINQUE) messaggi.

A te che, se non ti rispondo entro cinque minuti, inizi a mandarmi decine di punti interrogativi.

A te che un mese fa mi hai invitata al concerto di Biagio Antonacci. Io ti ho detto “No, grazie”. Tu mi hai detto “Ma perchèèè??? Non ti piaceeee???” E io ti ho riposto “più o meno come mi piace avere la colite” E tu mi hai chiesto “ma come fa a piacerti avere la colite?”.

A te che, pur non conoscendomi, mi fai domande private e personali. Che mi dici che non capisci il perché non mi confido. Io che ti dico che piuttosto racconterei i miei segreti a Charles Manson. Tu che mi dici “ma chi quello con gli occhi di due colori diversi?” No quello è Marilyn. Tu “Ma Marilyn è una donna”.

A te che hai trent’anni e mi mandi i selfie.

A te che mi chiami POLPETTINA. A meee??!!! Polpettina?! Io quando sento questi nomignoli divento così:

esorcista

Ilaria la polpettina

 

A te dico che mi son proprio rotta i coglioni.

Avviso che tutto ciò è stato precedentemente riferito al diretto interessato. Che comunque non ha capito.

 

 

 

Ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà

Come si può esprimere al meglio l’irrazionalità di una guerra, anche se ce la presentano come umanitaria, mirata, giusta? Come si fa a contrastare (a parole) quello stupido concetto di guerra inevitabile e necessaria?

Si scrive una filastrocca sulla guerra. Quando si parla di filastrocca si pensa subito ai bambini, al gioco, alla spensieratezza dell’infanzia. Quando si parla di guerra, bisogna pensare subito ai bambini, morti, mutilati, orfani.

Scrivere una filastrocca sulla guerra vuol dire dare uno schiaffo (morale) a chi ci vuol far credere che la guerra sia sempre e solo l’unica soluzione.

Mi direte, la fai semplice tu, è tutto molto più complicato di così. Lo so.

Ma anche se è banale e riduttivo, ogni tanto bisogna ricordarlo che la guerra è stupida. E basta.

 

 

La bomba è già caduta, Marcondiro’ndero
la bomba è già caduta, chi la prenderà?

La prenderanno tutti, Marcondiro’ndera
siam belli o siam brutti, Marcondiro’ndà

Siam grandi o siam piccini li distruggerà
siam furbi o siam cretini li fulminerà.

Il concetto di: “che confusione sarà perché ti amo” esiste permeandoci nel profondo ed io ne sono il suo profeta.

 

Il concetto di: “che confusione sarà perché ti amo” esiste permeandoci nel profondo ed io ne sono il suo profeta

 

– Che confusione
– Sarà perché mi ami

– Dici?
– No

– Come no?
– Sono in confusione

– Dunque mi ami
– Non lo so

– Però ci stai?
– Però ci sto

– E che minchia significa?
– Ma come che minchia significa dio santo, è la confusione dell’amore!

– Ma nel senso di confusi e felici?
– Ambiamo

– Dove?
– Come dove?

– Dove andiamo?
– No andiamo! Ambiamo!

– Ah, ambiamo
– Eh

– A cosa?
– Alla felicità

– Sì, io ci ambisco un casino
– Siamo ambiziosi di felicità io e tu

– Credi che se facciamo l’amore ci sconfondiamo un po’?
– No, ma facciamolo a manetta

Guido Catalano

peanits ami

“Il senso dell’ironia è una forte garanzia di libertà”

(M.Barrès)